Qualcuno avrà forse sentito parlare di Giulio Piscitelli, ma per chi non vive il mondo della fotografia da dentro, potrà risultare un nome come un altro.
Giulio Piscitelli, però non è un fotografo come un altro, perché ha lavorato per 6 anni ad un progetto molto abizioso, riuscendo egregiamente a trasmettere le emozioni che intendeva trasmettere attraverso la fotografia.
In tutto questo tempo, Piscitelli ha seguito i migranti e, con la sua macchina fotografica, ha documentato la loro vita. La vita di un harraga, ovvero colui che brucia le frontiere.
L’opera non offre semplicemente uno spaccato della nostra realtà, ma una rivelazione su di essa. Harraga vuole mettere in luce le condizioni di quelli che cercano una speranza di una vita migliore in un’altro continente, di chi per salvarsi la vita è costretto a scappare lontano e perdere tutto ciò che ha.
Piscitelli ha seguito le stesse rotte di migranti africani, siriani, afghani, iracheni che cercano di arrivare in Europa. Ha visto persone attraversare a piedi il deserto del Sahara, ha visto le barche che raggiungono Lampedusa e ha visto i siriani che dalle coste della Turchia cercano di arrivare in Grecia.
Ma il suo viaggio non si è fermato qui: ha visto come i migranti vengono trattati in Europa, come vengono smistati e a quali strutture vengono affidati, se non capitano nelle mani di qualche schiavista spietato, perché Piscitelli ha visto anche quello.
E ha documentato tutto.
Harraga è un libro che sarà amato e detestato, si sa, ma non possiamo che ringraziare il suo autore per questa magnifica testimonianza sull’umanità.